Pulizia dell’Abisso fra Fernetti e Orle

Domenica 27 novembre 2016 in una tipica giornata autunnale, sotto una pioggerellina sospesa

nell’aria, la società di Studi Carsici A. F. Lindner di Ronchi dei Legionari ha portato a termine la

pulizia dell’Abisso fra Fernetti e Orle, grotta che si apre nel territorio del Comune di Trieste, a

ridosso della linea ferroviaria che porta a Lubiana, a poche centinaia di metri dal confine con la

Slovenia.

La grotta, registrata al Catasto Regionale delle Grotte con il n. 101 e n. 157 VG del Catasto storico,

era già ben nota agli speleologi per esser oggetto di abbandono di rifiuti, per la maggior parte

consistenti in materiale ferroso, probabilmente scarti dei lavori di costruzione/manutenzione

dell’adiacente linea ferroviaria.

L'imbocco dell'abisso, di dimensioni circa 10 m x 5 m, occupa il fondo di una vasta dolina e porta a

una cavità profonda 64 metri, dallo sviluppo planimetrico di m. 23, la cui quota di fondo è a 260 m.

s.l.m.

Questa la descrizione che si legge nella scheda catastale: “Il pittoresco ingresso si apre al fondo di

una dolina dirupata presso la linea ferroviaria per Lubiana, ed è mascherato da alberi e fitta

vegetazione. Scendendo dal lato Sud si sfiora un bel ponte naturale toccando un vasto ripiano; poi,

dopo una piccola nicchia, la parete diviene compatta e uniforme, con caratteristiche lastronate

levigate dall'acqua. Lungo tutto il pozzo, gli evidenti banchi calcarei sub orizzontali creano delle

esili cornici che inanellano il baratro. Il fondo è poco inclinato e verso Ovest s’innalza un grande

camino dal quale proviene un fitto stillicidio, mentre nella parete Nord Ovest si aprono alcune brevi

nicchie.

Il progetto di recupero ambientale è nato dall’idea del socio Maurizio Maffei, promotore assieme al

socio Floriano Guidi, di questa lodevole iniziativa.

I rifiuti consistevano essenzialmente in materiale ferroso: lastre, barre e telai in metallo, diversi

rocchetti di ferro tipo bobine di una settantina di centimetri di diametro, un tubo di ferro lungo circa

2,5 m., una moto pompa, tre biciclette, innumerevoli fusti, bidoni di ferro, lattine, scatole di metallo

(forse per munizioni), bombole di gas vuote, un pezzo di ordigno bellico (inattivo), un copertone

con cerchio di un vecchio autoveicolo, un segnale stradale di pericolo, una carrozzina d'epoca per

bambini (anni 1960?), rifiuti di plastica, scarpe e resti organici (ossa di animali caduti

accidentalmente). Non è stata riscontrata la presenza di materiali tossici e/o inquinanti.

Erano presenti anche due carcasse di animali in decomposizione (identificabili come caprioli) di cui

uno (stranamente) avvolto in materiale plastico, che è stato asportato qualche settimana prima

dell'intervento di bonifica, poiché rendeva l'aria irrespirabile per i miasmi che esalava e avrebbe

costituito un fastidioso problema per la squadra che operava in fondo alla grotta.

Nota di colore: sul fondo della grotta sono stati trovati numerosi vasetti di plastica di yogurt, e ci

chiediamo “Ma chi è che va a mangiare yogurt in mezzo al bosco e butta il contenitore in fondo alle

grotte?” – probabilmente mai avremo risposta a questa nostra curiosità.

A dura prova ci ha messo un tubo pesantissimo, che abbiamo tentato di tagliare in due parti con flex

e generatore portato fin in fondo alla grotta. Dopo un’ora di lavoro, vari dischi distrutti e respirando

il gas di scarico del generatore, abbiamo desistito e imbragato il tubo così come stava, intero, per

farlo tirar su. Quest’ultimo “trasporto” ha messo a dura prova tutto il sistema di sollevamento e

anche il cavo d’acciaio teso da una parte all’altra del pozzo si era inclinato paurosamente. Per

fortuna tutto ha funzionato e anche l’ultimo rifiuto è stato estratto, a forza di braccia.

L’intervento ha visto la partecipazione attiva di numerosi soci della società Lindner che si sono

adoperati per realizzare questo progetto, che ha richiesto una programmazione di circa un mese.

Innanzitutto sono stati contattati la Federazione Speleologica Regionale FVG e i gruppi attivi sul

territorio, per verificare che tale opera di pulizia non fosse già stata programmata da altri gruppi

speleologici. Sono stati messi al corrente il Corpo Forestale Regionale FVG e la Polizia locale del

Comune di Trieste.

Il problema principale era trovare i partner dell’iniziativa per il trasporto dei rifiuti dal bordo grotta

fino alla strada e il loro smaltimento. A tal fine sono stati contattati il Comune di Trieste, nella

persona della dott.ssa Raffaella Scarparo del Servizio Ambiente e energia, P.O. Gestione contratto di

servizio igiene urbana, che ha dato subito la sua disponibilità a fare da intermediario con

AcegasApsAmga, società del gruppo Hera, che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti (raccolta,

differenziazione, riciclo e smaltimento) sul territorio, la quale ha messo a disposizione uno

scarrabile a bordo strada, per il conferimento del materiale prelevato in grotta e per il suo

successivo smaltimento.

Un’indispensabile collaborazione ci è stata garantita dalla Protezione Civile del Comune di Trieste,

nella persona del Coordinatore Bruno Tribuson, che ci ha messo a disposizione dei veicoli a

trazione integrale 4x4 con cassone per il trasporto del materiale estratto dalla grotta lungo i sentieri

carsici, percorribili solo con mezzi fuoristrada, e quattro volontari della Protezione civile che hanno

condotto il pick-up e scaricato il materiale nello scarrabile, posto nel punto accessibile più vicino

alla viabilità pubblica, che comunque era a qualche chilometro di distanza dalla grotta.

L’intervento di recupero del materiale non è stato proprio semplicissimo, in quanto durante la

giornata siamo stati costretti a modificare più volte i sistemi di sollevamento dei big-bag (sacconi in

polipropilene) ancorati con le corde, fino a trovare il sistema più efficace e più veloce per far salire

il materiale, che, essendo di ferro, aveva un peso notevole. Tutto il lavoro è stato fatto a forza di

braccia dei volonterosi, che perfettamente sincronizzati, quasi come un “tiro alla fune”, tiravano le

corde facendo sollevare il carico fino a livello di campagna. Le operazioni si sono svolte

coordinando la squadra che lavorava in profondità con quella che operava fuori, all’aperto, con dei

semplici Walkie-talkie, che fortunatamente avevano ricezione fino in fondo al pozzo.

Pur non essendo la prima volta che la Società Lindner partecipa ad iniziative di pulizia di grotte,

come ad esempio in occasione di “Puliamo il buio”, questo tipo di lavoro di bonifica, con

sollevamento dei rifiuti lungo un pozzo verticale, è stato il primo a realizzarsi in autonomia da parte

della Società Lindner e ci ha dato modo di capire, attrezzarci e studiare la maniera più semplice e

meno faticosa per svolgere questo compito. Troppe grotte ancora necessitano di un accurata

bonifica dai rifiuti, ma noi ci faremo trovare preparati!

In una giornata intensa di lavoro sono stati estratti alcuni metri cubi (3 o 4) di materiale e la grotta è

stata riportata al suo stato naturale, così come la natura l’ha creata e come, confidiamo, il senso

civico e il rispetto per l’ambiente dei prossimi visitatori del Carso la lascino, per il futuro.

Un dovuto riconoscimento va ai partecipanti:

Maurizio Maffei e Floriano Guidi (promotori dell’iniziativa), Erica Mesar, Elisabetta Miniussi,

Dario Miniussi, Lorenzo Zucca, Daniele Pastore, Caterina Cuban, Loretta Crestani, Franco Bressan,

Enrico Magrin, Alessandro Zoff, Anna Tavano, Davide Menin, Elisa Settomini, Cecilia Grignaschi e

Antonella Miani.

Una grande soddisfazione per la Società Lindner, sia per il risultato raggiunto (la pulizia della

grotta) ma anche per l’ottimo spirito di gruppo e di collaborazione che i soci hanno saputo

dimostrare. Sicuramente un’esperienza di ripetere!

Antonella Miani

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