Genesi ed evoluzione del Carso Classico, dai dinosauri a oggi – Parte prima

La formazione delle rocce

Siamo nel Mesozoico, all’inizio del periodo Cretaceo, i dinosauri stanno ancora bene e dominano la terraferma, le ammoniti navigano indisturbate nei mari di tutto il mondo e spuntano i primi fiori, mentre le felci si contendono il dominio vegetale con i ginkgo e le conifere. In questo periodo il mar Mediterraneo fa parte di un vasto oceano chiamato Tetide (Tethys in inglese), il Nord-Africa non è ancora del tutto emerso dalle acque e l’Europa è appena abbozzata verso nord.

Nel vasto oceano di ambiente sub-tropicale si depositano grandi quantità di materiale carbonatico, sia di origine chimica (precipitazione) che di origine biologica (gusci di animali marini) la cui natura varia nel tempo a seconda delle oscillazioni del livello del mare e di quelle ambientali (a loro volta comandate dalle variazioni climatiche), passando dai placidi fondali di retro-scogliera (a volte anche lagunari) a movimentate situazioni di scogliera fino alle acque scure e profonde di mare aperto.

Durante questi lenti cambiamenti si generano enormi accumuli stratificati di detriti calcarei più o meno ricchi di fossili, che pian piano, nel tempo, per un fenomeno chiamato diagenesi, si solidificheranno trasformandosi in roccia.

Ma ora stiamo correndo troppo, torniamo alla lenta e progressiva deposizione e compattazione dei detriti marini: essa perdurerà per circa 100 milioni di anni e creerà un accumuli di materiale detritico di uno spessore massimo stimato in circa 2000 metri (alcuni autori ipotizzano spessori superiori); circa a metà di questo lungo periodo avviene un importante fenomeno che tutti conosciamo, l’ultima Grande Estinzione, durante la quale tutti i dinosauri e tutte le ammoniti spariscono per sempre (assieme a numerose altre specie animali e vegetali meno famose).

Siamo approdati, quindi, al periodo Paleogene (da non confondere con il Paleocene, che è una sua epoca e cioè un suo sotto-insieme); questo passaggio comporta anche il cambio di Era e cioè si transita dal Mesozoico al Cenozoico.  I mammiferi e gli uccelli – finalmente liberi dagli ingombranti dinosauri che li predavano o che si mangiavano la maggior parte del cibo vegetale a disposizione – si sviluppano ulteriormente, mentre nel regno vegetale avviene la grande diffusione e diversificazione delle angiosperme e cioè delle piante a fiore con i semi protetti da un frutto. Il mondo comincia ad assumere la forma che noi conosciamo.

Nel frattempo, riguardo al nostro oceano Tethys, possiamo affermare che la sua estensione si è ridotta (una parte di esso, a causa delle spinte verso Nord della placca Africana, sta per chiudersi in corrispondenza dell’attuale Medio Oriente per diventare il mar Mediterraneo) e che la deposizione dei detriti calcarei sta continuando, seppure con caratteristiche biologiche diverse a causa della grande estinzione e dei cambiamenti ambientali.

A un certo punto, però, le condizioni dell’ambiente mutano nuovamente e velocemente (sempre nell’ottica del lento scorrere del tempo geologico) a seguito del continuo movimento dei continenti: molte terre nuove emergono dal mare, si forma gran parte dell’Europa Centrale e occidentale, e iniziano a sollevarsi le Alpi, cosicché gli agenti atmosferici e l’erosione cominciano il loro lavoro di demolizione della roccia appena emersa. In questo periodo (chiamato Eocene) il clima è generalmente caldo e piovoso, l’atmosfera è ricca di anidride carbonica (più di quanto lo sia oggi) e l’evoluzione dà origine ai primi mammiferi marini.

Flysch nei dintorni di Trieste

L’intensa erosione delle rocce emergenti produce grandi quantità di detriti che vengono trasportati verso il mare dai fiumi, cosicché le condizioni ambientali marine cambiano radicalmente: i limpidi mari brulicanti di vita vengono invasi da sabbie e limi, e ha inizio la deposizione della formazione rocciosa da noi conosciuta come Flysch. Si tratta di strati alternati di arenaria (sabbie diventate roccia) e marna (limi diventati roccia), ben visibili, oggi, a Trieste, a Muggia, nella valle del Vipacco e sui monti Brkini (solo per citare gli esempi vicini al Carso Classico).

 

La formazione dell’altopiano e i primi segni di carsismo

A questo punto, quando il Flysch comincia a essere interessato dalle spinte tettoniche (prevalentemente da Sud-Est verso Nord-Ovest, dette spinte dinariche), esso comincia a sollevarsi assieme alle rocce calcaree sottostanti e la loro emersione dal mare condiziona fin da subito ciò che con il tempo diventerà il nostro Carso Classico; in questo momento siamo tra Eocene medio e Miocene medio (circa da 40 a 15 milioni di anni fa) e questo continuo innalzamento porterà anche alla formazione delle Alpi e continuerà fino ai nostri giorni, alternando episodi molto intensi a periodi di relativa calma.

Sezione geologica del Carso Classico

 

Lo “Scudo” della strada Napoleonica presso Trieste

C’è da dire, però, che non si tratta di un innalzamento semplice, dal basso verso l’alto: tutte le formazioni rocciose impilate una sopra l’altra si piegano così tanto da rovesciarsi cosicché, nella zona costiera del triestino troviamo gli strati di roccia messi in verticale o perfino aggettanti (per esempio, lo “Scudo” della strada Napoleonica presso Trieste oppure le falesie della Riserva Naturale di Duino), mentre le prospezioni geofisiche effettuate nel Golfo di Trieste mostrano i calcari ribaltati e poggiati sul Flysch, che invece dovrebbe stare di sopra.

 

 

Lungo tutto il Miocene (circa da 23 a 5 milioni di anni fa), il lento sollevamento dell’altopiano e al suo ribaltamento nella zona costiera viene seguito (o forse accompagnato) dall’erosione delle rocce emerse causata dell’azione degli agenti atmosferici: infatti, è possibile che nel Miocene medio e superiore il Carso sia una rigogliosa terra ricca di vegetazione e di animali che colonizzano e abitano un substrato roccioso di Flysch che per la sua natura “impermeabile” permette lo scorrimento di fiumi e torrenti in superficie, fenomeno che provvede al lento smantellamento della roccia.

Il Flysch, però, come abbiamo visto, è stato fratturato e piegato grazie agli sforzi tettonici che hanno prodotto il suo sollevamento ed è logico supporre che tale sorte sia toccata anche alle sottostanti formazioni calcaree; ciò vuol dire che – con tutta probabilità – le perdite d’acqua attraverso il letto dei fiumi (tecnicamente si definiscono perdite in alveo), assieme all’acqua piovana, sono riuscite a filtrare verso il basso attraverso le fratture del Flysch per raggiungere la sottostante compagine calcarea, dando origine ai primi fenomeni carsici nel sottosuolo.

Inoltre, dobbiamo anche considerare un incredibile fenomeno occorso alla fine del Miocene: lo stretto di Gibilterra si chiude e il mare Mediterraneo si prosciuga quasi completamente (crisi salina) dando origine, tra le altre cose, ai notevoli accumuli di salgemma in Sicilia e altre parti del Mediterraneo stesso. Per il nostro Carso Classico, questo evento provoca l’abbassamento del livello della falda acquifera e il conseguente incarsimento profondo degli strati calcarei, che provvedono al deflusso dell’acqua che s’infiltra nella roccia.

A questo punto, però, dobbiamo fare una sosta nel nostro viaggio nella storia del Carso per capire cosa succede a una roccia calcarea quando entra in contatto con l’acqua. In essa è disciolta una certa quantità di anidride carbonica che trae origine sia dall’aria durante la caduta della goccia di pioggia, sia durante il movimento in superficie; in più, ed è l’apporto più rilevante, l’acqua viene arricchita di CO2 durante la  sua percolazione  attraverso il suolo, che ne è particolarmente ricco per effetto della componente biologica (vegetale e animale) che lo popola (radici, batteri, insetti, decomposizione di organismi morti, ecc.). Questa miscela H2O + CO2 rende l’acqua leggermente acida e cioè chimicamente aggressiva nei confronti del calcare ed è proprio questo il fenomeno che genera tutte le forme carsiche che noi conosciamo: in pratica il calcare viene sciolto dall’acqua.

Riprendendo il nostro percorso, quindi, ecco che l’acqua s’infiltra nelle strette fessure del flysch (che seppur piegato e fratturato ricopre ancora tutta la superficie del Carso Classico), raggiunge il calcare e inizia il suo processo di dissoluzione carsica, un lento ma inarrestabile allargarsi delle fratture della roccia a causa dello scioglimento (corrosione o dissoluzione carsica).

Ecco, quindi, che il carsismo è iniziato e quelle che nel futuro diventeranno condotte, gallerie e caverne sono state impostate.

Intanto, l’erosione del Flysch continua indisturbata finché, in alcuni punti, il calcare sottostante crolla, indebolito dalle fratture e soprattutto dalla dissoluzione causa dall’acqua, aprendo così voragini nei letti dei fiume o dei torrenti, che vengono inghiottiti e s’inabissano.

Questo fenomeno l’abbiamo anche potuto osservare direttamente nel 1984, a Vreme, in Slovenia, quando il Timavo/Reka venne inghiottito da una voragine che si era improvvisamente formata nel suo alveo. Successive ondate di piena provvidero a tappare la via di fuga dell’acqua con materiali detritici ripristinando così il normale corso del fiume e permettendogli di gettarsi nuovamente nella forra di San Canziano/Skocjan per poi sparire definitivamente nelle viscere del Carso. Ed è proprio questo fenomeno, ripetuto chissà quante volte, che in tempi antichi ha portato a una progressiva sparizione di qualsivoglia corso d’acqua dalla superficie dell’altopiano carsico (anche nella zona carsica del Matarsko Podolje, in Slovenia, accadono fenomeni di questo tipo, di cui parleremo in un altro articolo).

Tutti questi eventi accadono durante il Miocene medio e superiore per continuare nel Pliocene e a un certo punto, il Flysch viene completamente asportato dalla superficie dell’altopiano carsico (oggi ne restano pochissime vestigia, una delle quali vicino al Monte Cocusso e più precisamente sulla cima del M.Castellaro/Velike gradišče a 742m s.l.m)

Ora, però, per comprendere meglio alcune dinamiche dobbiamo fare un inciso riguardante lo scorrere di un corso d’acqua in profondità. Ci sono tre situazioni riconosciute: la fase freatica, dove l’acqua dei fiumi e dei torrenti viene inghiottita nel sottosuolo e si muove verso le sorgenti dentro a gallerie e condotte a pressione, e cioè completamente allagate; la fase vadosa nella quale l’acqua scorre a pelo libero nelle cavità sotterranee ; la fase epifreatica e cioè un’alternanza delle prime due, dovuta per esempio ad oscillazioni climatiche, anche stagionali e quindi ad aumenti e diminuzioni delle precipitazioni.

Quindi sarebbe in questo periodo di tempo che si assisterebbe alla creazione dei grandi vani sotterranei che noi, oggi, possiamo parzialmente percorrere in alcuni tratti, seppur ingombri da detriti e concrezioni (il condizionale è d’obbligo in quanto alcuni autori non concordano con questa ipotesi). La formazione di questi vani sarebbe da imputare dapprima allo scorrimento freatico di grandi quantità di acqua e poi alle fasi epifreatiche e vadose che ne avrebbero modellato le forme e trasportato i primi riempimenti quali sabbie e argille. Ma la genesi di una grotta non si limita allo scorrere di fiumi sotterranei per cui a questo argomento dedicheremo un futuro articolo.

Ricostruzione artistica di un possibile ambiente pliocenico.

Ora, per concludere questa prima parte del viaggio, cerchiamo di visualizzare l’ambiente carsico del Pliocene, esercizio non solo piacevole ma pure utile a comprendere molti concetti che tratteremo più avanti nel prossimo articolo: per prima cosa dobbiamo dire che si è trattato di un’epoca di transizione da un clima generalmente caldo e umido verso le imminenti glaciazioni Pleistoceniche; in secondo luogo, immaginiamo un altopiano che dà sul mare, coperto da una rigogliosa vegetazione di ambiente più che temperato e abitato da una gran varietà di animali, con corsi d’acqua che scorrono fino ad inabissarsi attraverso le rumorose cascate degli inghiottitoi. Possiamo, quindi, ipotizzare si trattasse di un ambiente naturale di grande bellezza, ma la Natura non si ferma mai e per il Carso Classico le cose stanno per cambiare, almeno in parte: stanno per arrivare le grandi glaciazioni.

Nel prossimo articolo, infatti, vedremo cosa succederà durante il Pleistocene e quindi ci avvicineremo un po’ di più al Carso così come lo conosciamo noi.

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