Grotta nuova di Villanova

DESCRIZIONE:

La Grotta di Villanova si apre nel massiccio dei Monti “La Bernadia” (Prealpi Giulie).

In questa zona affiorano litotipi carbonatici mesozoici (Calcare di Monte Cavallo, Calcari di Cellina, Dolomia Principale) e litotipi flyschoidi (soprattutto Flysch del Grivò, Eocene inf.)

La diversa natura delle rocce e le diverse caratteristiche tettoniche (disposizione degli strati, faglie, ecc) hanno determinato lo sviluppo di grotte molto diverse tra di loro.

Ad esempio, nelle rocce carbonatiche sono presenti anche grotte a sviluppo verticale, come l’Abisso di Vigant, la Grotta Elicottero, ecc.

Il flysch, invece, essendo costituito in prevalenza da rocce marnose ed arenacee dà luogo ad un carsismo poco sviluppato in superficie, tranne dove sono presenti intercalazioni di strati e banchi calcarei, talora di notevole spessore (megabanchi).

La loro presenza è estremamente importante per lo sviluppo del carsismo sotterraneo, infatti diverse grotte, anche di notevole lunghezza, si sono formate proprio al contatto tra i due tipi litologici, come la Grotta Nuova di Villanova, oppure entro il banco calcareo, come la Grotta Doviza.

La Grotta Nuova di Villanova 323 Fr è stata scoperta ed esplorata ancora nel 1925 ed ora è conosciuta per uno sviluppo di oltre otto chilometri. All’inizio si è originata entro il banco calcareo compreso nel Flysch. Poi, col tempo, le fessure iniziali si ampliarono a causa dei classici fenomeni della “dissoluzione carsica” fino a formare i primi condotti entro i quali si formò una circolazione idrica. Col passare del tempo, essi si approfondirono gradualmente verso il basso fino ad arrivare ai sottostanti litotipi marnoso arenacei del Flysch.

A questo punto, lo scorrimento delle acque su rocce più tenere provocò fenomeni di disgregazione ed erosione con ulteriore ampliamento delle gallerie. Ne consegue che ora la grotta è scavata prevalentemente nel flysch mentre il banco calcareo forma il tetto.

Questa interessante caratteristica è riportata come esempio in vari testi di carsismo e manuali di speleologia (ad esempio nel Manuale di Speleologia edito da Longanesi, 1978).

Testo del geologo Graziano Cancian